CONOSCERE I VINI DELL'ETNA DOC

person Pubblicato da: Giuseppe Calì Sopra:

ETNA DOC: LA PIU' ANTICA DOC ITALIANA

UN PO’ DI STORIA

La provincia di Catania ed i paesi etnei sono la terra della più antica civiltà agricola siciliana; le prime testimonianze di comunità agricole sono riferite al Neolitico. Questa parte della Sicilia orientale fu la prima ad essere colonizzata dai greci (729 A.C.) ed nell’VIII sec. A.C. già conobbe il vino e forse anche la vite.

Nel V sec. A.C. questo areale era fortemente vitato , come è testimoniato da alcune monte del tempo giunte fino a noi. Nel III sec. A.C. Teocrito parla della grande diffusione del vigneto alle falde dell’Etna; successivamente la viticoltura ebbe un periodo di decadenza, per poi riprendersi dal XIII sec. D.C. in poi.

Nel 500 Fazello lodava i vini prodotti ai piedi dell’Etna e nel 700 Arnolfini parlava del vino di Mascali , che veniva esportato a Malta. Nel 1848 risultavano coltivati quasi 26.000 ettari di vigneto .

Nel 1869 G. Gregorio cita i rinomati vini della Contea di Mascali (XVIII-XIX sec.), antico territorio alle pendici dell’Etna , sito tra l’attuale Giarre e Mascali e, quelli della zona superiore della regione pedemontana dell’Etna. Tra il 1880 ed il 1885 Catania era la provincia siciliana più vitata con oltre 90.000 ettari di vigneto; ma l’invasione della fillossera, ai primi del ‘900, provocò una grave crisi della viticoltura; gli ettari di vigneto scesero fino a circa 40.000 ettari.

La riduzione della superficie vitata negli anni è dovuta alle frequenti eruzione dell’Etna e alle oggettive difficoltà di una viticoltura difficile, cosiddetta “eroica”, dove i vigneti a causa delle forti pendenze sono in larga parte terrazzati e dove le operazioni colturali sono difficilmente meccanizzabili e, quindi, comportano costi molto alti.

Ma, nonostante queste “difficoltà” la viticoltura etnea nel corso dei secoli ha sempre mantenuto un ruolo di coltura molto importante per il territorio, con la produzione di vini di alta qualità fino ad arrivare ad oggi.

La storia recente è caratterizzata da una evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende, la professionalità degli operatori che hanno contribuito ad accrescer il livello qualitativo e la rinomanza della DOC “Etna”, come testimoniano i riconoscimenti in campo nazionale ed internazionale dei vini a DOC “Etna” prodotti dalle aziende della zona geografica di riferimento. E’ stata la prima DOC siciliana ad essere riconosciuta ed una delle più antiche d’Italia, con Dpr dell’11 agosto 1968, di recente, nel 2011, il disciplinare è stato modificato, con l’introduzione della tipologia spumante, nella versione bianco e rosato, e del rosso riservA.

FATTORI GEOGRAFICI

La zona geografica delimitata ricade nella provincia di Catania e comprende parte dei territori di 20 comuni pedemontani dell’Etna, il vulcano attivo più alto d’Europa (3.300 m), una montagna conica imponente che si innalza dal livello del mare a Nord di Catania, con un perimetro di base di circa 180 km, che, con le sue frequenti eruzioni, ha da sempre condizionato la vita delle popolazioni che vivono alle sue pendici e nelle zone limitrofe.

La zona geografica delimitata assume quindi la forma di un semicerchio attorno al vulcano, aperto sul versante occidentale. Per la sua particolarità la zona etnea può essere definita “un’isola nell’isola”; infatti presenta caratteri pedoclimatici che la distinguono nettamente da tutto il resto della regione siciliana.

La zona interessata gode inoltre di una spiccata variabilità climatica e dei suoli, a seconda del versante e dell’altimetria, definendo variegati ambienti, tutti in diverso modo favorevoli ad un’alta qualità delle produzioni vitivinicole. La natura del terreno è strettamente legata alla matrice vulcanica; il suolo si è formato soprattutto dall’accumulo e dalla successiva alterazione di diversi materiale eruttivi quali ceneri, sabbie, lapilli e pomice; la viticoltura della zona insiste per l’80% su suoli bruni andici e suoli bruni liscivati (di origine vulcanica) e, per il restante 20%, su suoli alluvionali.

I suoli di origine vulcanica sono generalmente sciolti, ricchi di scheletro e quindi con ottima permeabilità, ricchi di microelementi e potassio assimilabile e, mediamente forniti o poveri, di azoto e fosforo assimilabile. La coltura della vite principalmente occupa i territori che hanno una altimetria compresa tra i 300 ed i 900 m. slm, spingendosi sino ai 1.100 m. Il clima si può classificare come temperato mediterraneo, con un regime pluviometrico annuale che presenta il massimo nel periodo autunno-vernino ed il minimo nel periodo estivo; i mesi di giugno e luglio sono di norma asciutti mentre agosto è abbastanza piovoso.

La piovosità media annua è nettamente superiore a quella del resto dell’isola e varia a seconda del versante; nel versante di sud-ovest la media annua è la più bassa e si aggira sui 600 mm, che raddoppia, raggiungendo i 1.200 mm annui nel versante di nord e di nord-est. I

l versante sud-occidentale è quindi caratterizzato da una umidità relativa più bassa e la vite si spinge sino ai 1.100 metri. Il versante orientale (Giarre, S. Venerina) è quello più precoce a causa dell’esposizione ed inoltre , risentendo della brezza costiera, i valori termici giornalieri, pur caratterizzati da evidenti escursioni termiche, raramente raggiungono punte molto alte nei mesi estivi. Il versante meridionale (S.M. Di Licodia, Biancavilla, Paternò, Belpasso) è caratterizzato da maggiori forti escursioni termiche giornaliere e si determina quindi un ambiente più tardivo Il versante Nord (Randazzo, Castiglione, Linguaglossa) è caratterizzato dalla maggiore piovosità oltre che da forti escursioni termiche tra giorno e notte. Tutti questi elementi climatico-ambientali sono quindi congeniali ad una vitivinicoltura mirata alla qualità.

I PIU' IMPORTANTI VITIGNI AUTOCTONI ETNEI

NERELLO MASCALESE

Non è esagerato definire il Nerello Mascalese il vitigno autoctono principe della zona etnea.

Le sue origini sono incerte anche se il pensiero dominante è che sia stato selezionato dai viticoltori etnei, parecchie centinaia d’anni fa, a Mascali, paese alle falde dell’Etna. Le prime notizie scritte su questo vitigno si hanno intorno alla metà del 1700, grazie all' opera di Domenico Sistini:"Memorie sui vini Siciliani"

Questo vitigno entra nella costituzione dell’Etna Rosso a Doc per non meno dell'80%.

E’ diffuso in tutta la regione etnea dai 350 sino ai 1.050 m.t. s.l.m. . Come tutti i vitigni autoctoni etnei, è a maturazione tardiva (2ª decade d’ottobre).

E' utilizzato esclusivamente per la vinificazione anche in abbinamento a uve a bacca rossa e bianca.

La sua lavorazione tradizionale dà vita a grandi vini rossi da invecchiamento di colore rosso carico in cui predominano sensazioni olfattive di viola, tabacco e spezie, insieme ad una tipica gradevole tannicitá. Caratteristiche fortemente influenzate dall’andamento climatico dell’annata.

Una piccola curiosità: nella zona etnea è facile trovare vecchie o vecchissime vigne ad alberello di Nerello Mascalese, arrampicate su tutto il monte con l’aiuto delle nere terrazze di pietra lavica.

NERELLO CAPPUCCIO

Vitigno autoctono della zona etnea, deve il suo nome al singolare portamento (cappuccio, mantello) della pianta coltivata ad alberello.


D’origine ignota è comunque da sempre presente, in piccole percentuali (15-20%), insieme al Nerello Mascalese, nelle vigne etnee e in altre province siciliane.

Negli ultimi decenni ha registrato un continuo abbandono da parte dei viticoltori, tanto da rischiare l’estinzione.

Entra nella costituzione, insieme al Nerello Mascalese, del vino Etna Rosso a Doc, in misura inferiore del 20%. Vinificato in purezza dà vini pronti, da medio invecchiamento.

Il Nerello Cappuccio ha grappolo medio, corto, piramidale con acino a forma sferoidale. L’uva  matura, secondo la zona in cui è coltivato il Cappuccio, tra la seconda settimana di settembre e la prima decade d’ottobre.

CARRICANTE

E’ un vitigno autoctono antichissimo diffuso nelle pendici dell’Etna. Il nome pare gli sia stato attribuito dai viticoltori di Viagrande che diverse centinaia d’anni fa lo hanno selezionato.

Il significato del nome sembra essere attribuibile alla abbondanti quantità che la pianta "carica" era in grado di produrre. Il Sestini narra nella sua opera che era abitudine consolidata dei viticoltori delle zone più alte dell'Etna, lasciare il vino prodotto con uve Carricante nelle botti insieme alle fecce così da favorire,in primavera, la fermentazione malolattica utile a smorzare la tipica acidità "rude" dell'acido malico. Ancora oggi la fermentazione malolattica è fondamentale per ottenere il vino eccellente tipico di queste uve.

E’ diffuso particolarmente nei versanti est (950 m.t. s.l.m.) e sud (1.050 m.t. s.l.m.) della regione etnea, nelle contrade più elevate ,dove il Nerello Mascalese difficilmente matura o nei vigneti in miscellanea con lo stesso Nerello Mascalese e con la Minnella bianca.
Entra nella costituzione dell’Etna Bianco (60%) ed Etna Bianco Superiore (80%) a Doc. Come tutti i vitigni autoctoni etnei é a maturazione tardiva (IIª decade d’ottobre).

Trova impiego esclusivo nella vinificazione soprattutto insieme ad un altra eccellenza dell'Etna quale il Nerello Mascalese. Se opportunamente vinificato dà origine a bianchi di inaspettata longevità, in cui predominano sensazioni di zagara, anice e frutta bianca, accompagnate in bocca da un elegante nerbo acido e da fine mineralità.